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Mario Del Monaco non aveva solo una grande voce, era un artista nell'accezione più completa e profonda del termine.Chi ha avuto la fortuna, come me, di ascoltarlo in innumerevoli rappresentazioni teatrali al Teatro dell’Opera di Roma negli anni dal 1958 al 1972, ne conserva un ricordo indelebile e può testimoniare la verità dell'asserzione del critico americano Irving Kolodin: "Mario Del Monaco non è sufficiente ascoltarlo, bisogna vederlo in scena".Mario, dotato dalla natura di un istinto interpretativo infallibile che aveva affinato con lo studio della scuola di Stanislavskij, si immedesimava profondamente nel personaggio al quale infondeva vitalità spirituale.E grazie al suo carisma, attraverso il fascino della voce, l'incisività del fraseggio, l'espressione del volto, il gesto e il movimento scenico, un modo di esprimersi che non trova eguali nella storia del teatro lirico, comunicava con il pubblico fin quasi ad ipnotizzarlo.
Il feeling che si creava tra lui e gli ascoltatori, era qualcosa di magico: una caratteristica unica dell’arte di Del Monaco era quella di far “sentire” la gioia, la sofferenza, l'ira, l'abbandono che di volta in volta il suo canto esprimeva. Leggendarie sono rimaste le testimonianze in disco delle sue frasi rotte dall’emozione che si ascoltano nella scena finale dell’Adriana Lecouvreur: “Adriana amor”di una struggimento indimenticabile. Le mezze voci di Del Monaco (fu ingiustamente accusato da qualcuno di non possederle) furono effettivamente per lui una conquista ma le ottenne e bellissime.Basta ascoltare solo per citare alcuni esempi ”L’anima ho stanca”, dall’Adriana, “Donna non vidi mai” dalla Manon Lescaut, “O tu che in seno agli angeli” dalla Forza del destino, il duetto dal primo atto di Tosca e “E lucevan le stelle” dall’ultimo atto, per rendersi conto delle sue capacità nel saper ridurre l'enorme colonna sonora della sua voce, fino ad ottenere suoni ben filati o mezze voci stupende.Ovviamente le mezze voci di Del Monaco devono essere rapportate alla sua piena voce, quindi sempre di calibro elevato, non paragonabile, alle mezze voci dei tenorini di grazia.Non dimentichiamo che era un tenore eroico, drammatico.
Anche nell’Ernani, di cui vediamo la foto nella edizione del Metropolitan che ottenne un grande successo, ebbe nell'altra edizione, quella fiorentina del 1957, il suo culmine dove Mario Del Monaco giganteggia in una memorabile interpretazione artistica, guidato dalla bacchetta del formidabile Dimitri Mitropoulos.
Altra interpretazione di statura storica - tuttora un termine di paragone per tutti i tenori - fu quella di Andrea Chénier. Vinta la diffidenza di Mr. Rudolf Bing - allora prestigiosa guida del Metropolitan - Del Monaco ripropose l'Opera al pubblico americano ottenendo un successo epocale. E Andrea Chénier fu amata anche negli Stati Uniti.Del Monaco, in vista del debutto (avvenuto a Valdagno il 6 ottobre 1945), rifinì la parte con lo stesso Umberto Giordano. Il Maestro annotò di suo pugno lo spartito sul quale Mario perfezionò lo studio del ruolo.Non è facile oggi trovare un tenore in grado di interpretare degnamente questo personaggio. Nella foto sottostante Del Monaco è con Gabriella Tucci.
Innumerevoli sono stati i ruoli interpretati magistralmente da Mario Del Monaco (vedasi la pagina “Repertorio” nel presente sito). Per avere un quadro completo, rimando alla lettura del libro di Elisabetta Romagnolo dove sono riportate, cronologia, discografia, filmografia, apparizioni televisive relative alla carriera del tenore.